Storia
Giovan Battista Filippo Basile è una delle figure più complesse e interessanti dell’intero panorama della cultura architettonica italiana dell’Ottocento. Docente universitario, architetto professionista, Basile incise profondamente sul processo di crescita e di rinnovamento della città. Nato a Palermo nel 1825 da un impiegato dell’Orto Botanico, fu avviato agli studi superiori proprio dal Professor Vincenzo Tineo, Direttore dell’Orto. Grazie alla protezione di quest’ultimo infatti, Basile fu introdotto in giovane età nei circoli intellettuali palermitani permeati dalla cultura positivista di metà Ottocento. Dimostratore del gabinetto sperimentale di Vincenzo Tineo, disegnatore instancabile si interessò con passione agli studi botanici, attraverso saggi classificazioni di nuove specie vegetali, e intrattenendo corrispondenze scientifiche con altri botanici italiani ed europei. Queste competenze specialistiche gli valsero la fama di esperto progettista di giardini. Dopo aver compiuto i suoi studi presso la Facoltà di Scienze Fisiche e Matematiche di Palermo, sotto il magistero di Carlo Giachery e del fisico Alessandro Casano, completò la sua formazione di architetto a Roma.
Qui soggiornò per lungo tempo, grazie al sostegno economico del Professor Tineo, frequentando i corsi presso l’Accademia di San Luca, e studiando con attenzione e con metodologia scientifica gli antichi monumenti di cui produsse numerosi rilievi.
Ritornato a Palermo, in occasione dei moti rivoluzionari del 1848, intraprese degli studi sui monumenti antichi della Sicilia.
Grazie alle esperienze maturate a Roma e soprattutto alla sua grande versatilità culturale, portò a termine diverse esperienze in campo scientifico ed universitario prima di ottenere, l’11 ottobre del 1855, la cattedra di Architettura Decorativa come docente sostituto di Francesco Saverio Cavallari che, nel frattempo, aveva lasciato Palermo (luglio del 1854) per recarsi presso la Imperiale Accademia di Brera a Milano.
Grazie ai suoi grandi maestri, Tineo e Giachery, Basile ottenne i primi incarichi professionali di un certo rilievo, tra cui proprio il progetto del Giardino Inglese.
La genesi del Giardino Inglese
Nel primo cinquantennio dell’Ottocento, Palermo sperimentò una significativa crescita urbana caratterizzata da eleganza. Nel 1848, il Parlamento Generale di Sicilia decretò la costruzione di una strada chiamata “della Libertà” che dalla Porta Maqueda si estendeva verso la contrada dei Colli. Tuttavia, con la restaurazione borbonica, la strada fu rinominata “Favorita”. Il Consiglio Edile di Palermo aveva adottato un piano urbanistico ispirato ai boulevard francesi.
Nel 1850, il governo acquisì numerosi terreni per creare un ampio giardino “all’inglese”. La commissione incaricata del progetto includeva personalità come Federico Gravina e l’architetto Carlo Giachery, presieduta dal Professor Vincenzo Tineo. Fu deciso di affidare il progetto al giovane architetto Giovan Battista Filippo Basile, il quale progettò un paesaggio romantico su oltre cinque ettari, sfruttando le caratteristiche naturali del terreno, compresi anfratti e grotte.
Il giardino fu suddiviso in due parti: il “Bosco” e il “Parterre”. Il “Bosco” ricreava atmosfere esotiche, con sette promontori ciascuno con una propria tematica, mentre il “Parterre” rappresentava la parte più regolare del giardino, con il “Boschetto del Fauno” e un laghetto centrale, sostituito nel 1891 dalla statua equestre di Giuseppe Garibaldi.
Giardino Inglese
La vegetazione
L’interpretazione di Basile del giardino all’inglese comprendeva sentieri curvilinei e prati arricchiti da una varietà di piante provenienti da diverse latitudini. Utilizzava alberi esotici adatti ai paesaggi romantici, evitando le geometrie formali dei giardini settecenteschi. La florula subtropicale, costituita da numerose specie anche provenienti dall’Orto Botanico, era rappresentata da migliaia di individui tra alberi, arbusti, bulbi ed erbacee.
Tra le specie piantate vi erano Ficus macrophylla, Sophora secundiflora, Cycas revoluta, Dracaena draco, Oreopanax dactylifolium, Bambusa vulgaris “Vittata”, Jacaranda mimosifolia, Phytolacca dioica, Ficus rubiginosa, la rara Araucaria luxurians, una palma ibrida chiamata Jubutia, Brachychiton acerifolius e il sacro Ficus benghalensis, simbolo di tropicalismo. L’elenco delle specie da impiantare, probabilmente redatto anche da Vincenzo Tineo, rifletteva l’importante ruolo dell’Orto Botanico nel contesto palermitano.
Le emergenze Storico-artistiche
A decorare ed impreziosire il Giardino molte le sculture e busti commemorativi:
il gruppo dei Canaris a Scio, di Benedetto Civiletti sistemato all’interno del chiosco moresco (progettato da E. Basile), in precedenza allocato a Villa Giulia, (marmo, 1876); il Pescatore di Domenico De Lisi (marmo, 1919); La piccola vedetta lombarda di Giovanni Nicolini (bronzo, 1893); I bambini che giocano tra gli scogli di Mario Rutelli (bronzo, primi del 900); Puttino col cigno di R. Bagnasco (marmo, 1892); Il busto di L. Pirandello di Antonio Ugo (marmo, s. d.); Il busto di C. Battisti di Pasquale Civiletti (marmo, 1918); il busto di E. De Amicis di M. Rutelli (marmo, s.d.); busto di J. E. Rodò di E. Prati (bronzo, s.d.); il busto di Benedetto Civiletti di Pasquale Civiletti (bronzo, s.d.); il busto di M. Stabile di A. Ugo (marmo, 1898); il busto di V. G. Orsini di D. De Lisi (marmo, s.d.); il busto di G. Carini di B. Civiletti (marmo, 1888)
“…è un giardino di un’eleganza rara, regale, piena di luci e di ombre, piena di verde e di mistero, con le sue discese, i nascondigli e i chiostri graziosissimi, con viali lunghi e ricchi di fiori; dove nei tranquilli pomeriggi le bambinaie conducono i fanciulli che si divertono e si ricreano esercitandosi in mille giochi; dove le bande musicali danno i loro concerti; dove si fanno anche feste notturne, concerti, lotterie, esposizioni; la mia carrozza passava, e il Giardino Inglese sembrava un campo misterioso, un giardino pagano abitato da statue mitologiche; e in quest’ultima gloria del cielo, questa ricca gloria di verde si spandeva in maniera strana con ombre profonde”.
Adriana de Saint-Louis, in La Sicile Illustrée, 1904.
Le numerose manomissioni effettuate a partire dagli anni 20 del 1900, ne hanno modificato l‘assetto originario colmando in alcune parti i dislivelli e gli anfratti. Come ha scritto Giuseppe Barbera: «Il suo disegno romantico appoggiato alle forme naturali, è stato asfaltato, ucciso nella sua essenza paesaggistica». Oggi, con i lavori di restauro finanziati dai fondi PNRR, si sta procedendo alla rimozione della pavimentazione che verrà sostituita con uno strato di ghiaia. L’asfalto, col passare del tempo, aveva infatti danneggiato la vegetazione dell’intero giardino soffocando le radici degli alberi e impedendo a queste di ramificare nel modo corretto, rendendo instabili e poco sicure le piante interessate.
Bibliografia
- Enrico Onufrio, La Conca d’Oro. Guida pratica di Palermo, Milano 1882.
- Rosario La Duca, Palermo ieri e oggi. Il territorio e i quartieri. Palermo 1990
- G. Pirrone, M. Buffa, E. Mauro, E. Sessa, Palermo detto Paradiso di Sicilia, Palermo 1990.
- Marcella Aprile, Dal giardino al paesaggio, Palermo 1998.
- Adriana Chirco, Mario Di Liberto, Via Libertà ieri e oggi, Palermo 1998.
- Marcello Fagiolo, Architettura e massoneria, l’esoterismo della costruzione, Roma 2006.
- Giuseppe Di Benedetto, Palermo fra Ottocento e Novecento, La città fuori le mura nella collezione fotografica di Enrico Di Benedetto, Palermo 2009.
- Eliana Mauro, Ettore Sessa (a cura di) Il valore della classicità nella cultura del giardino e del paesaggio, Palermo 2010.
- Giuseppe Barbera, Conca d’oro, Palermo 2012.
- Rosanna Pirajno, Arturo Flaibani (A cura di), Guida ai giardini pubblici di Palermo, Palermo, 2015.
- Giuseppe Barbera, Manlio Speciale, Meraviglie botaniche: giardini e parchi di Palermo, Palermo 2015.
- Rosario Schicchi, Manlio Speciale, Alberi di Palermo, Palermo 2020.